
L’inizio del nuovo millennio porta con sé importanti cambiamenti per la Fondazione Ufficio Pio, che riguardano l’organizzazione, la definizione delle attività e della mission. Nel 2000 si costituisce l’Associazione Volontari Ufficio Pio San Paolo, che riunisce i quasi 200 delegati. Due anni dopo, l’Ufficio Pio assume la condizione giuridica di ONLUS, allarga il territorio di intervento a tutta la Regione Piemonte. All’ampliamento degli spazi si accompagna un’apertura verso nuovi beneficiari e attività, rivolte a cittadini stranieri, ai senza dimora, a studenti e detenuti.
Il nuovo obiettivo è superare l’assistenzialismo, evitare le carriere di povertà, non solo dal punto di vista economico ma anche formativo e educativo: «Vorremmo evitare che i più giovani ereditino la povertà dei genitori, oppure che la mancanza di risorse comprometta irreparabilmente le chance dei ragazzi di investire su se stessi e sulle proprie capacità».[1]
L’idea alla base dei nuovi progetti è fornire non solamente un aiuto economico ma anche una formazione, un incentivo al risparmio che aiuti le persone a uscire dalle condizioni di difficoltà e costruirsi una propria autonomia.
Il ripensamento degli obiettivi passa anche attraverso una riorganizzazione della struttura interna, che prende avvio nel 2007 e si conclude nel 2010. La parola chiave del nuovo assetto è la professionalizzazione dei dipendenti e l’assunzione di nuovi professionisti quali assistenti sociali e psicologi
«Abbiamo iniziato ad assumere assistenti sociali perché si sentiva la necessità di una figura professionale dedicata alla gestione delle richieste e dei colloqui. La mia formazione iniziale era diversa, e per questo mi è stato proposto di intraprendere un percorso in counselling. È stata un’esperienza estremamente arricchente, che rifarei senza esitazione e che consiglio vivamente. Durante i tre anni della scuola di counselling sistemico, ho acquisito competenze fondamentali per condurre un colloquio in modo strutturato, articolandolo in una fase di accoglienza e una di esplorazione.»[2]
La riorganizzazione avviata nel 2007 ha cambiato anche l’approccio al bisogno. Se prima era un approccio “uno a uno”, perché veniva individuato il modo migliore per aiutare una persona a seconda delle informazioni fornite durante il colloquio, da questo momento iniziano a essere pensati aiuti su base progettuale.
«Prima non c’erano categorie, c’erano persone bisognose. Ovviamente adattavamo i nostri interventi ai loro bisogni. Per esempio c’era la famiglia con genitori giovani e un bambino piccolo, allora in quel caso si interveniva con una borsa formazione lavoro per cercare di avviarli al lavoro. Dal 2007 l’Ufficio Pio ha incominciato a ragionare in termini progettuali. Cioè noi andiamo a identificare un’area di bisogno e su quel bisogno lì costruiamo i nostri interventi, andiamo anche a identificare i beneficiari».[3]
Il primo progetto è Trapezio, nato proprio nel 2007 e attivo ancora oggi a quasi vent’anni di distanza. Si tratta di un progetto pensato per sostenere chi ha subito un evento improvviso e destabilizzante dal punto di vista economico e personale, come un lutto, una separazione o la perdita del lavoro. Dal 2007 nuovi progetti vengono pensati per rispondere a diversi bisogni e difficoltà e offrire nuove opportunità per (ri)costruire il proprio futuro.
[1] Stefano Gallarato, Introduzione al Bilancio di Missione 2011, p. 5 – Consulta il documento
[2] Dall’intervista ad Anita Venturello, Case Manager Programma Traguardi (4/12/2024)
[3] Dall’intervista a Cesare Chiesa, direttore dell’Ufficio Pio dal 1999 al 2008 (18/10/2024)